I miei colleghi più stretti sono sparsi per l’Europa.
La mia manager e due miei colleghi sono a Bristol, un altro in Scozia, il mio Line manager a Bruxelles, le due mie colleghe a Barcellona e a Copenhagen. Ci sentiamo e confrontiamo tramite appositi tools, siamo superforniti di applicazioni che facilitano il lavoro a distanza. Ho tanti altri colleghi coi quali mi sento quasi quotidianamente, più o meno nelle stesse zone. Durante la giornata vedo e sento più Marìa che mamma che sta al piano di sotto, per dire. È la mia quotidianità.
Non ci trovo nulla di strano, è abitudine, è comodo. Festeggiamo i compleanni con le foto e i video, i successi e gli eventi anche, condividiamo persino le cose brutte. Io non li sento lontani, seppure alcuni di loro mi piacerebbe proprio poterli avere più vicino.
Tuttavia la tecnologia ha fatto certi passi di cui non sempre ci si rende conto; siamo partiti dai cellulari e siamo arrivati ai computer iperconnessi, con una spesa irrisoria tra l’altro.
Si arriva al punto di non avvertire distanze, di non avere difficoltà ad eseguire lavori di gruppo e di costruire legami belli forti anche con chi non hai visto mai, di ridere e soffrire insieme, di condividere.
Io a tutto questo non ci penso mai, mi ci sono ritrovata dentro senza neanche accorgermene ed è diventato naturale.
Stasera stavo risolvendo un problema via chat con una collega in America, lei suggeriva, io eseguivo, lei provava comandi, io controllavo e dicevamo la nostra per arrivare ad una soluzione, tutto regolare.
È stato quando ci siamo accordate per l’orario della call che ho realizzato: quando io mi sveglio lei dorme, quando io stacco lei ha da poco cominciato a lavorare, ha ancora tutta la giornata davanti.
Diecimila chilometri di distanza e me ne accorgo per l’ora, per dire.
Io non ho mai demonizzato la tecnologia, avevo sei anni quando a casa entrò la prima sottospecie di computer sul quale copiavo i codici che formavano figure verdi molto fiche. Sono stata sempre appassionata di videogiochi, di software in generale, di cose che semplificano la vita e non sono d’accordo con chi dice che la tecnologia, lo smartworking, hanno rovinato i rapporti e la socialità, non è vero. In alcuni casi li ha persino rinforzati.
Perché se sei capace di integrarti in un mondo che va avanti alla velocità della luce, e il tuo cuore mantiene dei buoni sentimenti nei confronti degli esseri umani, niente può essere distrutto.
Se poi qualcosa si rovina non è per via della tecnologia, a cui tanta gente piace dare la colpa, ma per lo scarso interesse che l’essere umano ha per i propri simili, uno scarso interesse che è possibile celare nei rapporti di persona, persino falsificare ma non può essere né nascosto né falsificato quando di mezzo c’è la tecnologia.
La tecnologia dimostra cose.
La tecnologia seleziona.
Ciao.
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