Ho perso un libro. (Sono diventato un invalido civile. Ah, no… Quella è un’altra storia).
Dicevo: ho perso un libro. Non ho perso un libro qualunque, ho perso Giro di Vento che oggi non me lo ricordo nemmeno perché mi era piaciuto tanto ma era il mio libro e mó non ce l’ho più.
Ora può darsi che io l’abbia prestato, o peggio ancora regalato e quindi la perdita risalirebbe al periodo in cui non avevo ancora capito che i libri si regalano solo nuovi.
Mica per altro.
Perché nei libri che leggi ci lasci le parti di te, pure se non ci scrivi dentro. Si impregnano del momento, del tuo momento esatto in cui li leggi e li colleghi a cose e a situazioni e a momenti e a sentimenti e a sensazioni e a vicissitudini.
Quando l’ho capito avevo già dato via la prima edizione di Oceanomare, prestato peraltro, e mai tornato indietro. Poi l’ho ricomprato ma non sono più riuscita a rileggerlo, non tutto almeno, perché non è il “mio” libro e per esempio non c’è più impresso il momento dopo aver letto la prima pagina: la vista del mare da quel palazzo alto e brutto di San Benedetto, il mare esattamente oltre la ringhiera di vernice scrostata del terrazzo di un attico qualunque che non so che cosa c’ero andata a fare ma mi ricordo bene della malinconia, la mia intima e personale, mica del palazzo che oggi non saprei ritrovare – e neanche me ne frega – né di chi poteva essere con me che manco questo mi ricordo – e manco questo me ne frega.
E della voglia di andarmene in un posto tranquillo per continuare a leggere quella che per me sarebbe poi diventata una lunga straordinaria memorabile poesia.
Allora ancora mi pareva bello regalare a qualcuno un libro mio, perché mi sembrava di regalare pure una parte di me, li ho regalati sempre e solo a persone che in quel momento ritenevo importanti per dire, donne o uomini senza alcuna differenza di genere. Che cogliona, eh? Se neanche mi ricordo a chi li ho dati, non doveva poi trattarsi di gente così importante. Persone sparite dalla mente e dai ricordi, dal cuore pure, a quanto pare.
I libri invece no. Quelli ti restano sempre in una parte di cuore.
La prima edizione di Questa Storia la fecero con tre copertine diverse e io scelsi quella verde… oggi le pagine sono un po’ lise e piene di pecette adesive post-it colorate, col cavolo che l’ho mai dato via. Perché graziaddio avevo già capito, che quello che fa parte di me è bene che resti con me visto che io, con la gente, non ci ho mai capito un cazzo.
Ma tornando all’inizio, io Giro di Vento non ce l’ho più, non sono del tutto sicura di averlo portato via dalla vecchia casa/vita ma posso essere certa che se c’era, qui da qualche parte oggi deve pur stare e alla fine mi serviva per delle ricerche/studio, non per fare la filosofa su quanto io sia stata cretina.
Comunque ho preso Nel momento, alla fine assolve lo stesso al compito ma io sulla fine che ha fatto Giro di Vento non ci posso passare.
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