Percepisco il mio corpo come una turbina che si avvia piano e poi carburando accelera, posso sentire pure il rumore che fa: vvvvvvvvvv, vvvvvvvvv, è quasi un fischio; più o meno come la cinghia di una macchina che sta pe’ decede ma più sordo. Le molecole fanno a corsa, tipo me coi cinesi sulla coda del cms.
Sono un Large Hadron Collider.
Da qualche giorno mi risuona questa parola che non è stata mai volentieri nel mio vocabolario: PERSEVERANZA.
Se fossi stata un tipo perseverante a quest’ora saprei fare bene un sacco di cose piuttosto che saperne fare tante a metà ma credo che gli ultimi mesi abbiano fatto sì che io cominciarsi a prendere in considerazione questo termine.
Eccetto il breve periodo estivo, sto lavorando – e ho lavorato – quasi sempre da casa. Familiari a parte, non ho più avuto modo di incontrare gente, tuttavia lavorare in una grande azienda ti permette di avere a disposizione tutta una serie di strumenti necessari per interagire con gli altri e forse, grazie a questo, sto conoscendo le persone molto più così che dal vivo. Il lavoro che faccio oggi è cervello e logica, composto da sistemi che non vanno e a volte di estrema pazienza ma non mi pesa, anzi mi piace tantissimo e – in un certo senso – mi permette di riflettere. Anche l’avere a che fare con tante persone di diverse culture ha fatto sì che io iniziassi a considerare in modo maturo il termine PERSEVERANZA e accoglierlo non solo nel mio vocabolario ma anche nella mia vita. Sono una che si annoia facile, che di fronte ai processi difficili si svacca e abbandona ma lo stare a contatto con persone caparbie ha aperto un po’ di più i miei orizzonti. E ho scoperto che PERSEVERANZA è strettamente collegata a: PROGETTO FINALE.
Ecco, i progetti non li puoi pensare e creare in quattro e quattr’otto, c’è bisogno di tempo, di analisi, di collaborazione perché da soli non si va da nessuna parte – questa è un’altra cosa che ho imparato di recente – di minuziosità, di precisione, tutte parole a cui io non ho mai tenuto troppo se non nei particolari del mio vecchio lavoro dove ad esempio non sopportavo le linee storte, anche si fosse trattato di un solo pixel. Ora, sebbene io sia consapevole che la mancanza di PERSEVERANZA nella mia vita abbia fatto sì che quasi tutti i miei progetti andassero a puttane, la noia e lo svacco hanno sempre prevalso.
Fino a marzo, quando è successo che, per lavoro, sono stata obbligata a fare cose diverse e a imparare robe che apparentemente non erano di mio interesse, in tutto ciò, non parlando bene l’inglese, non ho potuto neppure esprimere i miei sentimenti e le mie sensazioni a riguardo nella forma voluta, per cui l’unica cosa che ho potuto fare è stato: fare tutte le cose che mi sono state chieste – per quanto complicate e difficili – senza fiatare. Qualche mese dopo mi sono resa conto di avere padronanza di concetti del tutto opposti al mio abituale mondo di colori e illustrazioni e mi è piaciuto. Ho imparato tool che in passato avevo rifiutato persino con una certa altezzosità, “perché io sono un’artista mica una ragioniera” e, senza accorgermene, mi sono ritrovata con un bagaglio cultural-aziendale da paura. Nel frattempo ho cambiato due ruoli, altrettanti colleghi e altri tool. Non succede spesso che ti cambino più volte ruolo nel giro di pochi mesi e ciò mi ha destabilizzato un pelino, mi ha fatto cacare sotto.
Ma mi ha anche riportato alla mente il corso di pattinaggio di quando avevo sei anni che nel giro di quattro mesi mi spostarono in tutti e tre i turni, divisi per età e mi misero a pattinare con i grandi: pensavano fossi un fenomeno. Ed era la verità ma avevo pur sempre sei anni santiddio, ero timida, mi disturbava che ci fossi solo io, così piccola, a pattinare con ragazzi e ragazze di 17, 18 anni che giustamente neppure ti consideravano. Avevo paura e non poco! Quindi piuttosto che entrare nell’ottica che fossi lì perché ero effettivamente brava, preferii lasciare perdere: troppo difficile da affrontare. Mi venne in aiuto la gamba rotta della mia migliore amica, la presi come scusa per smettere. Mia madre non fu contentissima e quando qualche anno più tardi le chiesi di riscrivermi al corso mi rispose che sarebbero stati solo soldi buttati. Dunque, se qualcuno all’ora avesse capito che avevo solo timore di affrontare le cose difficili, forse oggi sarei una campionessa mondiale di pattinaggio artistico. Invece sono diventata un fenomeno della grafica perché era semplice per le mie corde e mi veniva naturale ma se avessi continuato a non capire un’acca di CMYK ed RGB sicuramente avrei abbandonato ed oggi sarei una cassiera in un supermercato, senza nulla togliere a tutte le cassiere del mondo che comunque stimo e ammiro e non manco di mostrare loro solidarietà se mi capita di vederle alle prese con qualche imbecille. Per lo stesso motivo mi è sempre venuto facile capire i codici di programmazione ed è per questo che oggi faccio quello che faccio unendo le due cose. Tutto sommato mi esce bene tutto, ho questa fortuna di imparare velocemente qualunque cosa mi si proponga ma se, a tempo debito, avessi avuto la possibilità di conoscere il vero senso della parola PERSEVERANZA e se qualcuno mi avesse confortato di fronte a quelle che per me erano difficoltà insormontabili, forse oggi potrei essere di più e avere di più.
Lavorare quotidianamente su 13 siti diversi, in 11 lingue diverse, non è per niente facile ma ho la fortuna di avere questa collega meravigliosa, tanto minuta quanto cazzuta, che non molla di fronte a niente e che, senza saperlo, mi ha insegnato a PERSEVERARE, a insistere quando qualcosa non funziona, a cercare quell’ago nel pagliaio di una pagina fitta di codice che fa sì che niente funzioni, a prenderla come una sfida da portare a termine ad ogni costo – invece che un lavoro che a volte ti sfianca la mente – e ad avere la certezza che, a fine giornata, non solo avrò risolto un problema ma avrò imparato pure qualcosa di nuovo. Capita che le cose non si possano sistemare nel giro di mezz’ora ma il fatto che possa volerci una giornata o due non ti dà il diritto di lasciare perdere e se è difficile farlo puoi sempre chiedere aiuto a chi ne sa più di te e alla fine risolvere.
cavallo questo ha fatto sì che io iniziassi a capire il senso della parola PERSEVERANZA che è anche correlata al termine ATTESA, quell’attesa che non mi è mai piaciuta e che mi ha portato sempre alla NOIA e all’ABBANDONO. Capire che Perseveranza e Attesa devono andare a braccetto per portare al PROGETTO FINALE mi ha aperto gli occhi su tante cose. Adesso so che la PERSEVERANZA non è una nemica ma un’amica capace di insegnarti sempre qualcosa, non è un tool che non ti interessa imparare ma un’applicazione che, una volta appresa, ti regala grandi soddisfazioni. Non è una lingua che ti rifiuti di usare perché hai paura che gli altri ridano della tua pronuncia, non è il mettersi i pattini ai piedi e pattinare tra gli avvoltoi
ma indossare i pattini e far vedere a tutti quanto cazzo sei brava.
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