4 Luglio 23
Sono assorta davanti al tool che mi permette di inviare in traduzione la pagina web che ho finito di creare stamattina, devo togliere la spunta agli item vecchi e lasciare solo quelli nuovi, alcuni hanno lo stesso nome quindi devo tornare indietro e rinominare quelli giusti in modo da poterli identificare. Non è un metodo che mi piace perché mi confonde, credo che il mio problema riguardo i calcoli matematici si rifletta anche su questo ogni tanto.
Cancello e ricomincio 3 o 4 volte, voglio essere sicura di fare tutto bene nonostante io mi senta del tutto scarica dopo un anno complicato fatto di continui workload impegnativi.
Intanto tuona, dalle finestre e dai finestroni spalancati entra aria fresca, insolita per luglio ma che benedico ad ogni folata. Odio l’estate.
Mi complimento con il termometro appeso alla parete di fronte a me che segna appena 26 gradi mentre tolgo e metto gli occhiali per trovare un focus più adatto a sostenere il fatto che io stia invecchiando.
Mi fanno male gli occhi, li stropiccio, li massaggio, uso il collirio alla cieca, aspetto qualche secondo che faccia il suo lavoro e riprendo la mia lista di spunte.
Col tuono successivo entra nella stanza l’odore della cucina di mia nonna, odore di fuliggine mischiato a quello di minestra e di sapone di Marsiglia in un qualsiasi giorno di stagioni non estive, ci faccio caso quando, col successivo alito di vento, diventa più pungente, allora sono costretta a fermarmi, a chiudere gli occhi e a respirare a pieni polmoni il ricordo di nonna seduta accanto a me al tavolo della cucina che mi versa il pranzo nel piatto, aggiunge una grattata di pecorino del tutto secco e mi invita a mangiare.
Mi rendo conto di quanto io non pensi quasi mai a lei, ad essere onesta non ne ho mai sentito molto la mancanza pure se i ricordi che ho di lei sono sempre belli e molti decisamente divertenti.
La nostalgia improvvisa, non tanto di lei quanto di me bambina, mi porta ad alzarmi dalla sedia e ad affacciarmi all’abbaino più vicino, stanno piovendo due gocce in croce mi soffermo a guardare i rampicanti sulle piante del giardino botanico e a respirare forte per riempirmi bene i polmoni di un’altra straordinaria vita.
Nei miei ricordi mio nonno se n’è già andato, siamo io e mia nonna davanti al camino, d’inverno ad arrostire singolarmente castagne o patate avvolte nella carta stagnola e infilate sotto la brace.
Me ne resto lì incantata così come mi incantavo a sfogliare quel calendario che teneva appeso al muro del camino dipinto di marrone proprio accanto alla scopa e ai due gradini sulla soglia della porta.
Ogni mese aveva raffigurato in testata la foto di un paesaggio innevato, tanto più lo guardavo quanto più mi sentivo affine a quegli ambienti, al freddo che si percepiva dal fumo dei comignoli, al colore bianco della neve, all’arancione dei tramonti o delle luci dei lampioni a seconda della foto, e sempre pensavo di essere nata in uno di quei posti lì, almeno in una vita precedente, poi cosa ne potevo mai sapere io di vite precedenti a 6 o 7 anni rimane un mistero ancora oggi.
Ricordo il lavandino di ceramica bianco e profondo, l’acqua fresca scendere dal tubo verde attaccato al rubinetto con un po’ di filo di ferro, mia nonna lavare i piatti e subito dopo sciogliere un Geffer nel bicchiere da osteria, lasciarmi la carta da leccare come fosse una caramella.
Ricordo nonna seduta davanti al camino col rosario tra le mani fatto di palline incise, la vedo ancora sgranare preghiere e preghiere e rivedo me, piccolina, chiedersi come aveva potuto infilare così bene certi semi al posto delle palline mancanti.
Non gliel’ho mai chiesto.
L’odore buono della cucina di nonna se n’è andato nel giro di dieci minuti e so che è stato del tutto casuale, proveniva probabilmente da qualche casa vecchia nei dintorni, pure se le abitazioni vicino alla mia sono rimodernate e nessuno accenderebbe mai il camino il 4 di luglio.
Però mi piace pensare che è venuta a farsi un giro, a dirmi che manca poco alle ferie e che posso resistere fino ad allora come ho sempre fatto, mi piace pensare anche che è venuta a mettere in ordine la mia lista di oggetti in traduzione, lei che era analfabeta e sapeva appena scrivere la sua firma, coi ghirigori però, e disegnare uccellini e galline stilizzate.
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